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IL TRIANGOLO DEL TIKI

Aggiornamento: 9 set 2019

Sono anni che nel mondo è riesplosa la moda TIKI cocktail.

Perché è così affascinante e da dove nasce? Scopri il trend del momento!

Benvenuto sul mio Blog, sono Daniele Losquadro più comunemente chiamato Denny The Coach. La mia passione alla miscelazione nasce da quando avevo 18 anni, momento in cui sono entrato per la prima volta in un bar per lavorare.


COSA SIGNIFICA TIKI?

Con il termine TIKI si fa riferimento ai grandi intagli di pietra che ritraggono forme umanoidi, situati in polinesia. Secondo alcune leggende locali in ogni TIKI risiede uno spirito e questo serve a scacciare il male, fungendo così da protettore.

Possiamo trovare delle figure TIKI anche sull'isola di Pasqua in Cile.

Questo triangolo si chiude con le Hawaii.

Il viaggio del tiki da figura spirituale a cocktail fu perché un tale Don The Beachcomber Hawaiano, si ispirò alla Polinesia e all'amore del rum per portare ad Hollywood qualcosa di veramente straordinario. Certamente era un personaggio stravagante e molto creativo.


IL RUM ALLA BASE DEL TIKI

Il 1919 segnerà un’epoca buia per la miscelazione americana, a causa del Volsted Act (proibizionismo), che tranne alcuni sporadici casi («Real Mc Coy» e i rum runner), eliminò il rum giamaicano dal mercato. Orfani per più di 13 anni, il popolo americano riassaporò il rum giamaicano grazie ad una figura leggendaria del bartending: Ernest Reymond Bemont Gant chiamato anche Don The Beachcomber.


Fu proprio il camaleontico Donn Beach, innamorato della Giamaica, nella quale approdò all’epoca di solo 7 anni con il nonno, nel porto di San Antonio, a riportare in auge il Rum Giamaicano, onnipresente nella sua miscelazione.


Egli stesso selezionava le sue botti per i suoi rum blend

Essendo una miscelazione tutta basata sul rum, ovviamente i riferimenti sono migliaia: da beachcomber a Trader Vic, arrivando fino a Beachbum Berry, che ha riportato in auge tale miscelazione molti anni dopo.


Stile di miscelazione fondato nel post proibizionismo del 1933, sviluppandosi tra il '40 e '60.


DON THE BEACH

Raymond E. Beaumont Gantt era il suo vero nome

Don the beach, così si faceva chiamare.

Aprì il suo 1° cocktail bar a Hollywood diventando in poco tempo un punto importante del bere miscelato.

La diffusione di questa tipologia di drink avviene molto velocemente essendo particolare l'ambiente del bar, il gusto dei drink, lo stile di servizio.

Dando così vita a decine di altri tiki bar.


COME SI FA UN TIKI


I primi drink tiki sono stati creati tutti con stessa filosofia:

- 1 part sweet (zucchero o sciroppi home made)

- 2 parts Sour (Lime, Limone o Pompelmo)

- 3 parts Strong (Rum)

- 4 parts Weak (succhi)




LA VERA NOVITÁ

La visione di Don the Beachcomber fu quella di creare un immaginario collettivo sul mondo tropicale non reale, ma che rispondesse alle richieste del mercato dell’epoca.


Trasformare il punch(miscelazione primordiale risalente al 1600) in drink complessi e irripetibili, non a caso sotto Donn Beach lavoravano circa 20 filippini che preparavano gli ingredienti senza sapere in alcun modo le quantità o i nomi delle preparazioni e sulle bottiglie veniva applicato un'etichetta con nomi stravaganti come Falernum o blend N°2.


Applicò nuove tecniche di lavoro e ingredienti innovativi: il prebatch Personalizzazione estrema.


MAI TAI DON THE BEACHCOMBER

succo di 1/2 lime

3cl. succo fresco di pompelmo

1,2cl. cointreau

3cl. Falernum

5cl. Rum jamaicans invecchiato

3cl. rum cubano invecchiato

6 drop pernod

3/5 dash mix bitter


Bicchiere da 45cl.


Shakerato e filtrato in bicchiere con Crushed Ice


FALERNUM????


Scorza di 9 lime

40 chiodi di garofano

125 gr. Pasta di mandorle (40gr. orzata)

150 gr. Zenzero a fettine pestato

200ml.Rum chiaro

Far riposare 24-30 ore

Aggiungere zucchero liquido circa 200ml. (bilancia secondo il tuo gusto)


VIAGGIARE IN POLINESIA


Cose da sapere se vuoi andare in Polinesia:

La Polinesia Francese è un arcipelago composto da 118 isole che a loro volta si dividono in 5 gruppi: le Isole della Società, le Tuamotu, le Isole Marchesi, le Australi e le Gambier. Esse si estendono su un territorio di ben 4 167 km² e questo fa sì che il clima vari da zona a zona pur essendo, di base, di tipo oceanico, gradevole durante tutto l’anno. I periodi migliori per andare in Polinesia Francese, cercando di evitare la pioggia, sono: Per le Isole della Società: da maggio a ottobre Per le Tuamotu: da maggio a ottobre Per le Isole Marchesi: tra settembre e novembre Per le Isole Australi: tra maggio e novembre, anche se generalmente piove spesso Per le Isole Gambier: gennaio, febbraio, maggio, settembre e ottobre


NON SOLO MARE E SPIAGGIA

Sebbene l’immagine della Polinesia Francese per antonomasia sia quella di un paradiso di spiagge bianche e acqua cristallina, questo magico arcipelago del Pacifico ha davvero molto altro da offrire. Isole come Tahiti, Moorea e Bora Bora – le più note e frequentate – offrono infatti un entroterra particolarmente ricco e rigoglioso, affascinante ed esplosivo. Sono tanti i modi per esplorarlo ma che sia in quad, in jeep 4×4 o persino in moutain bike, ciò che vi si incontra lascia assolutamente senza fiato: vallate verdissime e picchi alti, cascate scroscianti, jungla selvaggia e incredibili affacci mozzafiato. Considerare la Polinesia come una vacanza di solo mare sarebbe molto riduttivo. Consiglio perciò di dedicare almeno una giornata per isola all’avventura e all’esplorazione del territorio, quello della Valle di Papenoo, a Tahiti, e sino alla vetta della Montagna Magica a Moorea, fra piantagioni di ananas e viste panoramiche a 360°.

 
 
 

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